Milan e Inter: un mesto derby per l’Europa di servizio

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Stefano Pioli allenatoreLe premesse stagionali erano diverse, inutile nasconderlo. Tanto l’Inter quanto il Milan erano partite con intenzioni marcatamente europee. Se per i Nerazzurri l’obiettivo ragionevole era quello della Champions, a oggi forse definitivamente sfumato, per il Diavolo il minimo sindacale era rappresentato dall’Europa League. A circa dieci giorni da un altro derby meneghino tra squadre impegnate a raccogliere i cocci di qualcosa che si è rotto, c’è da riflettere sul prologo dell’estate 2016.

Forse sul Milan si era alzata troppo in fretta l’asticella. L’entusiasmo per il cambio di panchina (il quarto in quattro anni) passata dalle mani di Mihajlovic a quelle di Montella; la capacità innegabile che quest’ultimo ha nel valorizzare i giovani; il talento dei prodotti di Milanello capace di oscurare l’ennesimo mercato sottotono; l’orizzonte cinese sempre più vicino – almeno a colpi di caparra – che prometteva di colmare proprio il gap economico con le big italiane e non. Tutto questo aveva fatto pensare a una rinascita imminente. In parte, sì, c’è stata, ma non si poteva pretendere che avvenisse un miracolo, che di colpo nascesse quella costanza di rendimento che dalle parti di Via Aldo Rossi manca da tempo quasi immemore. La Supercoppa di Doha, apprezzato regalo di Natale, aveva in qualche modo illuso ancora di più.

La realtà rossonera non è deprimente, per carità, solo le manca ancora ben più di qualche tassello per essere considerata davvero stabile. In potenza c’è materiale sul quale lavorare, sia umano (Donnarumma e Locatelli su tutti) che dirigenziale (sempre che cinesi o americani arrivino in tempi non biblici a un epilogo sul passaggio di proprietà). Ma non accadrà da qui alla giornata numero 38, mettiamoci in pace il cuore. Forse una eventuale mancata qualificazione all’Europa League, al momento complicata dal rendimento di Lazio e Atalanta, non sarebbe un gran male. Certo dal punto di vista economico, anche se non è la Champions, mancherà una voce in entrata. Ma almeno ci sarà modo e tempo per non disperdere i passi avanti fatti in questa stagione, che non può e non deve essere inficiata dal brutto pareggio di Pescara.

In parte vale lo stesso discorso per l’Inter. La sconfitta di ieri sera contro la Sampdoria non deve cancellare quanto di buono è stato fatto dall’arrivo di Pioli in avanti. Non bisogna dimenticare da dove i Nerazzurri sono partiti: addio improvviso – seppur preventivato – di Mancini, a due settimane dal via della Serie A; arrivo di De Boer, estraneo alla lingua e al calcio di casa nostra. Le difficoltà che ne sono seguite hanno inevitabilmente portato all’esonero dell’olandese, che ha pagato anche per colpe non sue (in quel momento la società stava passando di mano da Thohir a Suning e il vuoto dirigenziale ha contribuito alle lacune del gruppo), ma resta il fatto che l’Inter era un groviglio di ottimi giocatori senza un valido leader che dettasse le linee guida.

Pioli ha fatto questo: da leader ha ricucito con Candreva, capito Banega, valorizzato Joao Mario e Kondogbia, rivitalizzato Icardi, Perisic e il resto della squadra. Poi gli è capitato il gioiello Gagliardini a gennaio e bum, subito in campo a mostrare le sue qualità. Insomma, senza Pioli (12 vittorie e una classifica scalata in fretta), chissà l’Inter ora dove sarebbe. Le premesse, però, ancora pesano: l’obiettivo era la Champions League. Oggi, a -9 dal Napoli, la stagione sembra un fallimento. Con le Coppe abbandonate già da mesi, resta ben poco cui aggrapparsi. Ci sono ancora 4 scontri diretti per l’Inter, incluso il derby del 15 aprile. Una stracittadina che potrebbe valere una residua speranza europea, in qualche modo gli avanzi lasciati da quelli che davanti corrono e vincono di più (sempre Lazio e Atalanta).

Ormai Milano e il suo calcio si sono abituati a questo tenore, c’è poco da inventarsi quando i piani societari sono nebulosi o lo sono stati per anni. La speranza di Inter e Milan è che dalla prossima estate qualcosa cambi radicalmente. Per la volta ennesima. Magari senza alzare vertiginosamente l’asticella delle aspettative.


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