Juventus-Real, finale da sogno: corsi, ricorsi, cabala e speranze

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Sarà dunque di nuovo sfida tra Juventus e Real Madrid. Questa volta, però, in ballo non ci sarà l’accesso all’ultimo atto, come accaduto due stagioni fa e che vide sorridere Buffon & Co.; a Cardiff, il prossimo 3 giugno, l’incrocio dei guantoni tra Allegri e Zidane varrà il titolo di campione d’Europa. Uno scontro suggestivo che ha sempre regalato grandi emozioni: la posta in palio è la più alta possibile e le due contendenti se la giocheranno senza dubbio alla pari. Forse la Juventus avrà un vantaggio in più. Forse anche un paio.

Si partirà da un 50 e 50, ma i bianconeri potranno magari contare su un 1% in più se si prendono in considerazione alcuni aspetti statistici. In primis, il fatto non trascurabile che da quando esiste la nuova formula della Coppa –  l’attuale Champions League – nessun Club ha mai bissato il successo dell’anno precedente. L’ultima squadra a riuscirci fu il Milan di Sacchi (nel 1989 4-0 alla Steaua Bucarest, nel 1990 1-0 al Benfica), ma si trattava della vecchia Coppa Campioni. Il Real Madrid è campione in carica, lo scorso anno si impose a San Siro sull’Atletico Madrid dopo i calci di rigore; dunque la Juventus può sperare di mantenere inalterata questa sorta di ‘abitudine ad abdicare’ dei campioni uscenti. In più, per ciò che concerne le squadre di casa nostra, potrebbe ancora valere una regola non scritta, quella dei 7 anni: dal 1989, infatti, ogni 7 anni un Club di casa nostra si laurea campione d’Europa (Milan ’89, Juventus ’96, Milan 2003, Inter ’10). Siamo nel 2017 e, magari, sarà l’annata buona per il terzo titolo della Vecchia Signora.

Al di là della scaramanzia, delle speranze anche un po’ irrazionali che accompagnano queste statistiche, la Juventus ha dimostrato in questa edizione della Champions di essere matura al punto giusto per fare il definitivo salto di qualità: la totale coesione del gruppo, l’impermeabilità difensiva (non solo del reparto arretrato, ma di tutti gli undici che collaborano attivamente alla fase di non possesso), il talento dei singoli capaci di sbrogliare le situazioni più complesse, la capacità di soffrire. Il Real non è da meno, e l’abitudine al successo porta consapevolezza: è accaduto anche ieri sera nel return match contro l’Atletico, scappato sul 2-0 dopo un quarto d’ora. I Blancos non si sono scomposti e, freddi come il ghiaccio, hanno chiuso il discorso con la rete di Isco al 42′. Ma il punto debole c’è: il Real subisce davvero troppi gol e non è detto che possa sempre bastare la potenza di fuoco offensiva per sistemare le cose.

La sfida finale tra Juventus e Real ricorda molto l’unico precedente all’ultimo atto tra le due squadre, quello del 1998 ad Amsterdam che vide prevalere i Merengues grazie alla rete di Mijatovic. Entrambe stavano aprendo o vivendo un ciclo vincente: la Juve veniva dal successo di Roma sull’Ajax del ’96 e dalla finale persa nel ’97 con il Borussia Dortmund, il Real gettò le basi per le 3 Champions vinte in 5 edizioni. Ora siamo davanti ad una Vecchia Signora capace di raggiungere la finale per la seconda volta in 3 edizioni, che di fronte troverà i nuovi Galacticos a caccia del terzo acuto alla terza finale nelle ultime 4 stagioni.

I precedenti complessivi dicono che c’è perfetto equilibrio: 8 successi a testa e 2 pareggi. Il diciannovesimo incrocio sarà certamente da brividi. Per la Juventus è la nona finale (solo 2 titoli), per il Real è la numero 15 (caccia al dodicesimo trofeo). Insomma: un grande classico del calcio europeo che nasconde tante trame secondarie, come la sfida a distanza tra Allegri e Zidane – per Zinedine anche il grande passato in bianconero -, o quella tra Buffon e Ronaldo, possibili candidati al Pallone d’Oro.


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