Epic broncio: De Boer detta legge, Brozovic e Kondogbia ai margini

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brozovicPartiamo da una considerazione: noi, la vera verità, non la conosciamo. Noi, al massimo, possiamo ricostruire una plausibile realtà (che resta sempre soggettiva) ricucendo insieme pezzi di cronache, commenti e didascalie in calce alle foto social, comunicati stampa, interviste ufficiali.

Ce ne facciamo una noi, di verità. Preconfezionata, più o meno tendenziosa, coraggiosa e incosciente oppure allineata alle altre verità.

Insomma: per cercare di trovare un senso alla situazione di Brozovic e Kondogbia, casa Inter naturalmente, mettiamo insieme i pezzi del puzzle. Quelli che riusciamo a trovare, beninteso. Come nei romanzi di un certo tipo, abbiamo due tesserine che fungono l’una da prologo e l’altra da epilogo.

Il prologo riguarda Marcelo Brozovic, ed è una delle tante foto postate dal croato sul proprio profilo Instagram. Giusto una settimana fa il giocatore interista si era fatto ritrarre in casa – presumibilmente la sua – con indosso la divisa di Golden State (basket Nba, n.d.r.), mano destra farcita di dardi, mano sinistra nella classica posa Epic, alle sue spalle un bersaglio per le suddette freccette. La didascalia recitava, tra l’altro: “Escluso senza una ragione”.

L’epilogo è roba di poche ore fa ed è tutto sulle spalle di Geoffrey Kondogbia, il centrocampista francese che fece impazzire tutti durante il Mondiale Under 20 del 2013 e un paio d’anni fa in Champions League, dall’Inter strappato quasi con la forza ai cugini rossoneri. Sostituito nell’ultimo turno contro il Bologna dopo 28’ di gioco e dopo aver causato in pratica il vantaggio ospite, si è visto recapitare dal proprio allenatore un messaggio che non ha bisogno di mediazione: “Non mi ascolta”.

Se a queste due tessere aggiungiamo anche quella con il nome di Erkin, rispedito in Turchia senza troppi complimenti, seppure in prestito, il soggetto del puzzle diventa più chiaro: la mascella quadrata di Frank De Boer. Il tecnico olandese, infatti, oltre ad aver chiaro in testa che le supposte verità altrui non sono affare suo, conferma le sensazioni di due mesi fa circa: gioca chi si sbatte, chi lavora duro in settimana, chi ascolta, capisce e mette in pratica. Semplice, cristallino. Un ragionamento che ci sta e che è ben supportato dalla nuova dirigenza.

Quindi diventa più facile confezionare una verità soggettiva: Brozovic non è nuovo a fare come gli pare, tipo presentarsi con qualche chilo in più e gozzovigliare fuori dal campo. Oggettività intrinseca: contro l’Hapoel in Europa League è stato inguardabile (come gran parte della squadra, certo, ma lui di più). Le esclusioni successive con Juventus, Empoli e Bologna sono figlie di questo e di una generale semi allergia alle regole da parte del croato. Ausilio è stato chiaro quanto De Boer: “Brozovic va rieducato”.

Verità soggettiva su Kondogbia: al di là dell’errore contro il Bologna, il giocatore non si è quasi mai visto. No, mica soltanto davanti a Destro e Donadoni, dall’anno scorso sin qui ci si è fatti più di una domanda. Verità oggettiva: Kondogbia i numeri li ha davvero, ma per ora li nasconde, non è maturo abbastanza per prendersi la responsabilità del centrocampo. Prova del nove, la sua incapacità di essere propositivo in fase offensiva e determinante in fase di contenimento. Forse non è l’Inter la sua casa ideale.

Realtà oggettiva e soggettiva su Erkin: niente, non era nei piani di De Boer. Insomma, a conti fatti, il tecnico olandese fa quello che ritiene giusto per l’equilibrio della squadra, con il costante obiettivo di voler andare a vincere ovunque e con chiunque. Incluso far esordire un diciannovenne (il belga Miangue), rispolverare Gnoukouri e giocarsi un cambio dopo meno di mezz’ora. Alla lunga, se lo lasceranno lavorare come ha in mente, i risultati arriveranno. Brozovic e Kondo, per carità, capiate la fortuna che vi è capitata.

 


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