Real Madrid in finale, a San Siro sarà di nuovo derby

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Real MadridReal Madrid – Manchester City 1-0 (and. 0-0, tot. 1-0)

20′ aut. Fernando (M)

La vendetta è un piatto che va gustato sul prato di San Siro. Rivincita volevano, rivincita sarà: l’Atletico, sotto sotto, tifava Real Madrid ieri sera nel return match della seconda semifinale Champions. E alla fine i Merengues hanno staccato il biglietto per la finalissima di San Siro, in programma il 28 maggio.

Così, a due anni di distanza, la banda del Cholo avrà la possibilità di vendicare la sconfitta di Lisbona; una bruciante batosta maturata ai supplementari dopo che Sergio Ramos aveva raddrizzato sulla campanella una gara condotta, sino al novantesimo, dall’Atletico. Non capita tutti i giorni di poter riparare un danno di questa portata: nella storia recente era stato privilegio del Milan, sconfitto prima a Istanbul nel 2005 dal Liverpool – la finale di Champions League più assurda di sempre –, ripresosi poi la Coppa contro i Reds nel 2007 ad Atene. Una storia comune fatta di rimonte subite e vendette assaporate due anni più avanti.

Ma sotto il cielo di San Siro ci sarà qualcosa in più. Il dominio europeo delle spagnole, tanto per dire. Oltre ad essere la seconda finale tra Atletico e Real Madrid, la capitale iberica diventa capitale continentale del calcio: con l’approdo milanese dei Colchoneros e dei Blancos, infatti, Madrid raggiunge quota 17 nel computo totale delle partecipazioni all’ultimo atto di Coppa Campioni (14 per il Real Madrid, 3 per l’Atletico). Proprio Milano è scalzata dal gradino più alto del podio, con le sue 16 presenze (11 Milan, 5 Inter). Non solo questo: la Spagna raggiunge in testa l’Italia nel conteggio complessivo di finali disputate, in tutto 27.

I numeri dicono tanto ma non spiegano tutto, almeno non il modo attraverso il quale il Real Madrid si è guadagnato il diritto di provare a sollevare la Champions numero 11. Resta effettivamente il mistero dell’atteggiamento messo in campo dal Manchester City, ieri sera, al Bernabeu. Il diktat di Pellegrini è parso il canonico “primo: non prenderle”, qualcosa che pare più azzardato, in casa del Real Madrid, che non tentare di comandare le operazioni. Dopo lo 0-0 dell’andata, i Citizens avevano già compiuto metà dell’opera, cioè non subire reti tra le mura amiche. Quindi era sì lecito aspettarsi un City attendista, pronto a ripartire in contropiede (si sa che la difesa madridista non brilla in velocità), ma non tanto rinunciatario e spaventato come in realtà si è dimostrato. In certi stadi le gambe possono tremare e se sei alla prima semifinale nella storia del tuo Club, beh, anche di più.

È bastato un tiro-cross di Bale deviato da Fernando nella propria rete (20’) per spegnere del tutto la luce intorno alla squadra di Pellegrini. A parte il palo di Fernandinho (44’) non c’è stato altro: Aguero tristemente isolato per tutta la gara, gli esterni Navas e De Bruyne non pervenuti, il centrocampo costantemente in balia del palleggio ordito dalla premiata ditta Modric-Kroos-Isco. Il 4-5-1 del Manchester non ha funzionato in nulla contro la verve e la sicurezza mentale del Real Madrid (certificata anche senza il miglior Cristiano Ronaldo). Il punteggio sarebbe potuto essere anche peggiore e punitivo per gli ospiti se Modric (52’), CR7 (55’ e 59’) e Bale (traversa al 64’) avessero avuto mira migliore. Ma il gruppo di Zidane, come detto, non ha mai tremato, mai ha sentito il risultato in discussione.

Ad ogni modo, la finale raggiunta è una grande soddisfazione proprio per il tecnico transalpino, subentrato a stagione in corso al posto di Benitez. Chissà che Zidane non possa ripetere l’impresa di Di Matteo, vincitore della Champions nel 2012 in casa del Bayern Monaco.

 


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