Serie A, Fabio Quagliarella: “Vorrei giocare nel Napoli”

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Fabio Quagliarella Torino5 anni di stalkerizzazione: un incubo infinito per Fabio Quagliarella, attaccante della Sampdoria. Un incubo, che ha avuto pochi giorni fa il suo epilogo. Lo stalker è stato arrestato. Un incubo, che lo ha allontanato dalla città  e dalla squadra per la quale ha sempre fatto il tifo: Napoli e il Napoli.

In una intervista alle Iene, l’ex-attaccante del Napoli e della Juventus, racconta, la sua verità. E dell’odio dei tifosi napoletani per l’ addio al vitalizio azzurro, a favore della Vecchia Signora. Ma solo oggi, si capisce che fu una scelta obbligata, quello del bomber di Castellamare di Stabia.

Ecco l’intervista integrale estrapolata dal programma Le Iene:

 

Giulio Golia ha intervistato l’attaccante della Sampdoria che ha ricostruito la vicenda:

Quagliarella: E sono passato per l’infame della situazione. E credimi, passarlo davanti alla propria gente fa male.

Iena: Davanti alla propria gente, anche davanti alla propria famiglia.

Quagliarella: Ogni volta, ogni viaggio che dovevo tornare a Napoli, cercavi di nasconderti, di camuffarti… cappelli, occhiali… per evitare che qualcuno ti dicesse qualcosa. Perché fa male… Dici “Cosa ho fatto di male che mi devo nascondere?”. Alcuni miei amici mi dicevano “Dai, andiamo a farci un giro in qualche locale” e dicevo “No”. Con ciò io ci tengo sempre a dire che non è che tutta la gente è così, perché non vorrei che passasse una brutta immagine della mia Terra. Anzi, il napoletano ha un cuore che… se fossero tutti come noi, sarebbe tutto molto meglio, no? Però faceva male. Io non potevo andare da nessuna parte, non mi potevo godere la mia gente. Perché potevi sempre beccare qualcuno che ti diceva la parolina. Poi sai, una te la tieni, due te le tieni… Iena: La terza, ti scalda il cervello…

Quagliarella: Poi le persone che sono intorno a te tante volte reagivano loro al posto tuo, e io ho sempre voluto evitare questa cosa maledettamente. Facevo “No, non posso litigare, andare a discutere con la mia gente. No, macchè. Non se lo meritano, forse non me lo merito neanche io, però aspettiamo che arrivi quel giorno”.

Iena: Per quanto tempo?(ndr, Giulio Golia si riferisce allo stalking subito da Quagliarella).
Quagliarella: Quasi cinque anni.
Iena: Cinque anni?
Quagliarella: Abbondanti. E fa male, fa male perché ti passa davanti…
Iena: Tutte le immagini di quello che hai vissuto tu e di quello che ha vissuto la tua famiglia.
Quagliarella: Ti passa davanti quello. Dici: “Ho sofferto per tanti anni per colpa di una persona che non so cosa gli sia passato per la testa”.
Iena: Tu a questo non hai fatto niente?
Quagliarella: Assolutamente. Anzi, lo reputavo una persona di fiducia perché comunque faceva un lavoro importante, un lavoro che comunque… dove devi dare fiducia.
Iena: Era un poliziotto?
Quagliarella: Sì, sì, era un poliziotto.

Raffaele Piccolo si è insinuato nella vita di Quagliarella lentamente. Lo aveva conosciuto perché aveva avuto un problema di password con il pc, e allora il suo migliore amico Giulio gli aveva presentato questo poliziotto della polizia postale esperto di informatica.

Quagliarella: Gli dissi quale era il problema e lui me l’ha risolto questo problema.
Iena: Da lì è nata un’amicizia.
Quagliarella: Da lì è nata l’amicizia.

Poi iniziarono ad arrivare lettere nelle caselle della posta.
Quagliarella: Lettere anonime, messaggi anonimi…
Iena: Lettere anonime che dicevano cosa?

Quagliarella: Forse cosa non dicevano, forse è meglio. Tutto. Da foto di ragazzine nude, dove diceva sotto con tanto scritto che io ero un pedofilo, che io avevo a che fare con la camorra, che io avevo a che fare con la droga, che io avevo a che fare col calcio scommesse. Stiamo parlando di centinaia e centinaia di lettere. Non stiamo parlando di una o due lettere o due messaggi anonimi. A mio papà, quando io ero in giro gli arrivava un messaggio dove gli dicevano “Tuo figlio ora è in giro per Castellammare e ora gli spezziamo le gambe, ora lo ammazziamo”. A volte io ero fuori casa e avevo due o tre chiamate perse di mio papà perché io ero impegnato. Quando vedevo queste chiamate perse, la mente va subito a pensare cose brutte. Magari era successo qualcosa per esserci due o tre chiamate di mio papà senza risposta, c’è qualcosa che non va. Qualsiasi piccolezza nella tua testa era un pericolo, dicevi “È successo qualcosa”, perché sapevi che queste minacce… quando uscivi di casa, a un certo punto ti guardavi intorno, ti sentivi osservato, ti sentivi minacciato. Non sapendo chi fosse, guardavi tutti con altri occhi, con occhi dubbiosi, come a dire “E se è questo, e se è quello?” Non ti nascondo il clima di tensione che c’era in famiglia, lo puoi immaginare. Perché ci diceva che noi dovevamo prendere le impronte digitali di tante persone…

Iena: Lui?

Quagliarella: Sì, sì.

Perché la prima cosa che hanno fatto quando sono arrivate queste lettere è stato quello di chiamare proprio questo poliziotto Raffaele del quale si fidavano ciecamente.

Quagliarella: Perché comandava lui il giochino. Ovviamente lui era una persona che era diventata di famiglia. C’era un rapporto. Ti chiedeva i biglietti per venire allo stadio, ti chiedeva le maglie, ti chiedeva di firmare maglie, palloni. Ripeteva sempre: “Ci siamo quasi, lo stiamo per beccare, secondo me ancora un po’ di tempo. Stiamo capendo, non ti possiamo dire chi… perché dopo può darsi che…” ha sempre palleggiato così.

Iena: Ma ha mai detto “Potrebbe essere il tuo vicino di casa, potrebbe essere qualcuno”? Quagliarella: Sì, sì. Lui ci diceva “Non ditelo a nessuno, neanche ai vostri figli. Perché poi, sai, può darsi che parlando si sgama, può essere qualche notizia…”. Allora tu, impaurito di questa cosa qui, non parlavi con nessuno. Però poi uno, a raccontarla così, dice: “Potevi essere lucido, per capire…”. No, quando ci sei dentro, sei in un vortice, ti fai prendere da quelle cose. Lui ti dice: “Non parlarne con nessuno”. Quindi è una cosa che ti tieni solo per te, ne parli solo con tua mamma e tuo papà. Non lo sapevano neanche i miei fratelli. Neanche loro sapevano che a noi ci arrivavano queste cose. Iena: Neanche i tuoi fratelli?

Quagliarella: No, perché non erano belle cose.

Iena: E lui, in questo modo, ha preso ancora più forza con te.

Raffaele Piccolo cercò di ledere anche il legame tra Quagliarella e Giulio, il suo migliore amico.

Quagliarella: A lui (Giulio) ha inviato le lettere, alla DDA a Castellammare.. Iena: La DDA, la Direzione Distrettuale Antimafia?

Quagliarella: Sì… Come a lui mandava le lettere alla DDA, mandava le lettere alla società, al Napoli. Mi ricordo che dovevamo andare a giocare in Svezia. Io ero uno dei titolari. Prima della gara mi chiamarono e mi dissero “No, tu non giochi, non giochi perché…. ti abbiamo venduto, quindi fai meglio a non giocare”. Un attimo di shock.

Quagliarella: “L’ha fatto per soldi”. Assolutamente non è vero. I soldi li guadagnavo al Napoli come li ho guadagnati poi alla Juve. È stata dura perché a casa i miei di notte dormivano con l’ansia, perché arrivavano telefonate a casa. Iena: Il senso di appartenenza alla Terra, i tifosi si sono sentiti traditi e quindi hanno iniziato a romperti le scatole e anche alla tua famiglia.… Quagliarella: Quello, a maggior ragione, mi ha dato l’ennesima conferma che la gente mi amava. Perché se no non fai così, se eri un giocatore normale, se eri “uno dei tanti” non fregava niente. Dicevi: “Va beh, arrivederci e grazie. Amici come prima”. E invece no, sapevo che loro mi volevano bene.

Iena: Però non potevano sapere il motivo che ha fatto scaturire tutto questo. Quagliarella: Eh no, ma infatti…Ti immaginavi già capitano del Napoli, poter vincere qualcosa, non lo so… perché poi ti immaginavi che la squadra diventasse sempre più forte, come lo è ora. Ora è uno squadrone, quindi, poter essere uno di quelli… quindi ora pensando a questa vicenda, credo che se non ci fosse stato tutto questo, io a quest’ora sarei ancora lì a giocare, sicuramente. Segnare lì era… Io quell’anno ho fatto 11 goal, ma è come se ne avessi fatti 100, perché vedevo che per ogni goal che facevo io, loro erano non contenti, di più.

Quagliarella: Quella era una di quelle cose che quando mi ci fermavo a pensare, faceva male. Dicevo: “E come glielo racconti alla gente? Come glielo vai a spiegare?” Iena: Non ti crederanno mai… Quagliarella: No.

Iena: Perché si sono sentiti traditi prima e quindi è come se fosse un traditore che cerca di affermarsi.

Quagliarella: Cerca di trovare una giustificazione, ma io non ho mai cercato giustificazioni. Ho provato anche con dei piccoli gesti. Io ho giocato col Toro a Napoli. Era per dire “Io contro di voi non ho niente, voi non mi avete fatto niente, cioè io non vi ho fatto niente. Capitemi.” (ndr, si riferisce al gesto fatto durante la partita Napoli-Torino in cui segna un rigore e poi unisce le mani in alto verso al curva del Napoli). Perché sapevo dietro che cosa c’era. Sapevo che da un momento all’altro poteva chiudersi questa vicenda. E ho iniziato a mandare i primi segnali. Quel gesto lì poi mi ha fatto… ho dovuto rompere con il Toro.

Comunque ti allenavi fisicamente, ma con la testa non c’eri. La testa era a pensare ad altro. Erano continui dubbi, continui pensieri. Ha segnato la mia carriera, ha segnato la storia mia con il Napoli,.. Poi dopo ho continuato e va bene. Però se uno si ferma a quell’anno lì… sarebbe stato tutto bello. Cioè poter fare il capitano…
Iena: A Napoli, a casa, passare sotto la curva…
Quagliarella: Poi per la prima volta l’ho fatta domenica con la Samp, ed è stata un’emozione bellissima fare il capitano. Ci ripensi e dici “Se l’avessi fatto al Napoli, sarebbe stato con la tua gente…”
Iena: Quando hai avuto il sospetto che potesse essere lui?
Quagliarella: Il sospetto l’ha avuto mio papà, il dubbio.
Iena: Voglio sapere come te l’ha detto.
Quagliarella: “Secondo me è iss”. Io ho guardato mia mamma e ho detto “Va bene tutto che stiamo in quest’inferno, ma andare a dubitare…”. E lui: “No no, te lo dico io”. Mio papà è sveglio, “sta avanti”, dico sempre.

Quagliarella si recò, quindi, in Questura e scoprì che le centinaia di denunce che avevano fatto non erano mai state depositate.

Quagliarella: Queste denunce me le faceva firmare e tutto, però non sono mai state depositate, perché le aveva tutte lui. Come se non avessi mai…
Iena: Denunciato niente. Ti emozioni? Quagliarella: Mi emoziono perché mio papà ha fatto dei sacrifici notevoli, come tante famiglie al Sud. Io a volte gliel’ho detto: “Con tutte l possibilità che ho ora, ringraziando il Signore che mi ha dato la mia dote, io non so se sarei capace tuttora a fare i sacrifici che hai fatto te”. Crescere quattro figli e non ci ha mai fatto mancare niente. Sai benissimo le difficoltà che ci sono giù. Quindi quando parlo di lui, ne parlo in modo orgoglioso. Soprattutto per lui… avere un figlio che giocava nel Napoli…
Iena: Ma se il Napoli ti richiamasse? Quagliarella: Sarebbe bello. Per me sarebbe già solamente bello se mi richiedesse. Solo se passasse per la testa di un mio ritorno, sarebbe già bello. Poi le trattative sono altre cose.
Iena: Cioè sarebbe già bello, lo vivresti come una rivincita? Quagliarella: Io dico sempre, quando ripercorro la mia carriera, mi guardo dietro e dico: “Ho lasciato qualcosa di incompiuto”. Come se tu sei arrivato davanti alla porta e stai per tirare e ti tolgono il pallone. Confidandosi con le Iene, infine, Quagliarella aggiunge che è molto felice alla Sampdoria, dove ha un ottimo rapporto con tutti i tifosi e tutta la società.

 

 


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