Festa grande per Conte e Donadoni, amarezza Cerci-Ventura

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cerci_lacrime_rigore_fiorentinaLa serranda della Serie A 2014 si abbassa, le immagini di chiusura che resteranno più impresse nella memoria raccontano sentimenti contrastanti, in un frangente specifico sono l’uno la causa e l’altro l’effetto. Profonda gioia sportiva da un lato, vuoto pneumatico figlio della delusione sul versante opposto. Come si usa fare, partiamo dalle notizie cattive; che riguardano soltanto il Torino di Giampiero Ventura e Alessio Cerci.

Sono loro, infatti, la foto da mettere sui titoli di coda della stagione, una foto che avrebbe potuto essere di un granata fulgido e che, al contrario, sbiadisce in un colpo insieme alla speranza di tornare in Europa dopo quasi vent’anni. Il fendente che sbianca le bandiere del Toro è uno di quelli difficili da digerire, un calcio di rigore sbagliato a tempo praticamente scaduto; un penalty che avrebbe dato la vittoria. E’ Cerci a caricarsi sulle spalle il destino sportivo di una squadra e di metà città, è lui il giovane uomo – ex della gara – a guardare negli occhi Firenze e la Fiorentina. E’ lui a sentire lo sguardo del navigatissimo Ventura incollato alla nuca, l’allenatore che gli ha dato fiducia dopo i chiaroscuri in maglia viola, ma con discrezione perché la pressione è alta e l’occasione quasi irripetibile. Il portiere gigliato sembra leggere i pensieri del giovane uomo e gli sbatte in faccia, in un attimo, tutta la crudeltà sportiva di un gioco lontano anni luce dall’essere una scienza esatta.

Cerci si scioglie in lacrime, Ventura rimane basito e affonda sulla poltrona della panchina. Per quello che il Torino ha mostrato nell’arco di questa annata, avrebbe meritato certamente un raccolto diverso; con un po’ di esperienza in cascina, forse, la qualificazione europea sarebbe già stata un discorso chiuso da qualche settimana. Pazienza: l’esperienza te la fai attraverso delusioni e schiaffi che bruciano anche molto dopo averli ricevuti, che restano a ricordarti dove e come non devi fare passi falsi.

C’è un rovescio della medaglia che fa rima con gialloblu. Il Toro spreca, il Parma no e, dopo sette anni, dalle parti del Tardini spira di nuovo una brezza europea che regala profumi intensi e, per certi versi, inaspettati. Donadoni aveva un’unica missione: vincere contro il già retrocesso Livorno; sapeva però che nient’altro sarebbe dipeso dai suoi, era obbligatorio votarsi al Dio del pallone e sperare che facesse qualche scherzo al Franchi. Detto fatto: gli emiliani ringraziano il redivivo Amauri, autore della decisiva doppietta contro gli intristiti labronici, e poi esplodono di gioia per le liete novelle in arrivo dalla battaglia di Firenze. Per il Parma è dunque il giusto epilogo di una cavalcata sempre a ridosso delle prime quattro, un’impresa alla quale ha sempre creduto sin dal luglio del 2013 il presidente Ghirardi.

Oltre al Torino, le porte dell’Europa League restano sbarrate anche per il Milan di Seedorf. I rossoneri svolgono agevolmente l’ultimo compitino battendo il Sassuolo  – in festa da una settimana – ma non possono nulla contro il risultato di Parma soprattutto. Dopo sedici anni il Diavolo resterà sul divano a guardare le coppe internazionali: fallimento totale per la società, non per il tecnico olandese che reputa il suo lavoro al di là delle proprie aspettative. Guardando i numeri non gli si può dare tutti i torti, se si considera che quando ha preso in mano lo spogliatoio le distanze dalla zona retrocessione erano assai ridotte. Tuttavia la mancata qualificazione continentale desertifica le casse del club e impone ulteriore austerità sul mercato estivo prossimo venturo. Non è certo se Seedorf e Kakà resteranno, la sola cosa sicura è che i rossoneri non dovranno anticipare il ritiro perché almeno hanno scongiurato il terzo turno di Coppa Italia, essendosi piazzati entro le prime otto. Magra, magrissima consolazione per i tifosi, ma tant’è.

La chiusura non poteva non essere dedicata alla straripante Juventus, talmente sopra la notizia da non fare più notizia: 102 punti in campionato, record europeo assoluto (anche se i detrattori sostengono che i 103 punti del Celtic nel 2002 sono il vero record, ma ci sarebbe da discutere a lungo), terzo scudetto consecutivo, 19 vittorie su altrettante partite casalinghe. Conte e i suoi cannibali calcistici, come altro li vorresti etichettare?

Tuttavia, la chiusura della chiusura la merita Totò Di Natale, prossimo – probabilmente – ad appendere le scarpette al chiodo. Scarpette che ancora fumano e che, magari, potrebbero avere altri colpi in canna: con la tripletta rifilata alla Samp, saluta la Serie A congedandosi a quota 193 centri, 175 dei quali con la maglia dell’Udinese; per il bomber napoletano una media di 20 gol a stagione negli ultimi tre campionati. Giù il cappello e arrivederci ad agosto.

RISULTATI 38° TURNO SERIE A:

Udinese-Sampdoria 3-3, Napoli-Verona 5-1, Lazio-Bologna 1-0, Chievo-Inter 2-1, Fiorentina-Torino 2-2, Milan-Sassuolo 2-1, Parma-Livorno 2-0, Juventus-Cagliari 3-0, Genoa-Roma 1-0, Catania-Atalanta 2-1.

CLASSIFICA FINALE:

Juventus * 102, Roma** 85, Napoli** 78, Fiorentina*** 65, Inter*** 60, Parma*** 58, Torino e Milan 57, Lazio 56, Verona 54, Atalanta 50, Sampdoria 45, Genoa e Udinese 44, Cagliari 39, Chievo 36, Sassuolo 34, Catania**** 32, Bologna**** 29, Livorno**** 25.

* Campione d’Italia

** qualificate in Champions League (Napoli al preliminare)

*** qualificate in Europa League (Parma al preliminare)

**** retrocesse in Serie B


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