Gattuso in tackle sul Pisa: dimissioni, accuse e veleni

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GattusoAll’ombra della torre più famosa d’Italia e della piazza che la ospita, non ci sono stati miracoli. Gennaro Gattuso non è più l’allenatore del Pisa, ha rassegnato le dimissioni perché “è diventato impossibile lavorare”. Un’entrata decisa, dura, in tackle nei confronti del club toscano con il quale aveva centrato poche settimane fa il suo primo e prestigioso traguardo da tecnico, cioè la promozione in Serie B dopo aver superato nella finale play off il più quotato Foggia. Questo sì è stato un mezzo miracolo – pure qualcosa in più -, specialmente in virtù della travagliata e tribolata stagione scorsa, nata sotto auspici tutt’altro che rosei.

Un po’ come questa, eppure a differenza di un anno fa il lottatore per eccellenza Ringhio Gattuso ha gettato la spugna. La situazione societaria del Pisa è andata peggiorando con il tempo, a nulla o a poco era valso il salto di categoria; anzi, forse l’ovvio lievitare dei costi gestionali ha in qualche modo minato ulteriormente i rapporti tra allenatore e dirigenza. Però dobbiamo andare con ordine, perlomeno per ciò che riguarda l’ultima parte della vicenda.

A margine della gara di ritorno contro il Foggia, terminata 1-1 allo Zaccheria (12 giugno scorso) e nella quale era accaduto praticamente quanto di peggio possibile, Gattuso aveva impedito a Fabio Petroni, presidente e proprietario del Pisa, di entrare negli spogliatoi per festeggiare con la squadra. Segnale di estrema tensione che in parte spiegava anche l’atteggiamento fin troppo sopra le righe dello stesso Gattuso, reo di un lungo e acceso diverbio durante il match con Roberto De Zerbi, allenatore dei pugliesi.

Ma perché l’ex centrocampista del Milan aveva sentito la necessità di proteggere, in un certo modo tutto suo, la squadra dal proprio presidente? Le ragioni resteranno per sempre tra Gattuso e Petroni, ma gli arresti domiciliari per bancarotta cui quest’ultimo è andato incontro il 21 luglio passato, rappresentano una prova fondamentale – tenuto conto anche della pace faticosa che si era raggiunta un mese prima, allorché lo stesso Gattuso aveva convinto il d.g. Lucchesi a cedere il 50% delle quote societarie.

Un garbuglio, insomma. Una brutta storia dietro la favola della Serie B conquistata con pochi, pochissimi mezzi e tanta, tantissima convinzione, come da tradizione di casa Gattuso. Per l’ex allenatore di Sion, Palermo e Creta (tutte piazze dove è andata a finire malissimo per lui), l’addio al Pisa è stato dunque un atto dovuto e, viste le premesse, in definitiva tutt’altro che inaspettato: “Ritengo di avere dimostrato, in particolare modo già durante la scorsa stagione, che gli ostacoli non mi fanno mai paura. Ma qui si è ampiamente passato il segno. Problemi nuovi e quotidiani hanno continuato ad assommarsi, da quando la squadra ha cominciato la preparazione per il campionato. Ora le ambiguità all’interno del club e nella sua gestione hanno decisamente oltrepassato il limite. Vivere alla giornata non mi appartiene”.

Queste le chiare e dure parole con le quali Gattuso ha voluto spiegare in parte la sua decisione. Sembra che il tecnico, dopo essere stato oggettivamente accontentato sul mercato con gli arrivi di Merkel, Longhi e Scognamiglio, abbia preteso carta bianca anche su decisioni che normalmente esulano dai compiti di un allenatore (tipo avere l’ultima parola sul profilo cui affidare la Primavera). In questa direzione viaggia lo sconcerto del Pisa Calcio che, attraverso un comunicato apparso ieri sul sito ufficiale della società, ha espresso tutto il proprio stupore per la decisione di Ringhio: “Non riusciamo a comprendere quali possano essere le problematiche illustrate da Gattuso, che ha scelto lo staff, ha programmato la preparazione e nel allestimento dell’organico il club ha aderito ad ogni – e sottolineiamo ogni – desiderata dello stesso tecnico, fino a dotarsi ad oggi di un numero elevato di calciatori, con esplosione dei costi ben oltre gli obblighi previsti dalle normative federali e relativa esposizione del club”.

Per qualcuno, i maligni aggiungiamo, Gattuso avrebbe approfittato di una delicata situazione interna per arrivare alla panchina del Kazakistan: la Nazionale dello Stato transcontinentale sarebbe infatti pronta ad affidarsi a lui, garantendogli un ricco triennale. Vero o non vero che sia, resta la crudezza dei fatti: a Pisa si cerca il nuovo allenatore. La suggestione ha il nome di Zeman, già corteggiato un mese fa ai tempi del primo strappo tra Gattuso e i nerazzurri; la contingenza però ha il profilo di Leonardo Menichini, già ex tecnico del Pisa per un breve periodo nel 2014.


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